Mons. Cirillo Giovanni Zohrabian: Venerabile Servo di Dio

Nell’Udienza del 24 gennaio 2024, papa Francesco, ha autorizzato il Prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, cardinale Marcello Semeraro, a pubblicare i decreti che riconoscono le virtù eroiche di Mons. Cirillo Giovanni Zorhabian, le cui spoglie mortali sono nella nostra Chiesa.

Biografia
Il Venerabile Servo di Dio Cirillo Giovanni Zohrabian nacque probabilmente il 25 giugno 1881 a Erzerum (Turchia), in una famiglia povera e profondamente cristiana.
Entrato nel 1894 nell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, nel convento di Istanbul, dopo l’anno di noviziato, il 14 luglio 1899, emise la professione temporanea e, il 14 luglio 1902, quella solenne. Fu ordinato sacerdote il 12 maggio 1904.
Destinato alla missione di Trebisonda, a Erzerum, si dedicò al ministero pastorale, alla direzione spirituale, all’insegnamento, alla visita agli ammalati e ai numerosi villaggi della zona.
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, trovandosi a Istanbul, gli fu impedito di rientrare nella sua stazione missionaria. Perciò prese dimora nel convento di San Luigi, dove risiedevano i frati cappuccini francesi e da dove furono poi espulsi il 20 agosto 1915. Nel genocidio degli armeni, tutti i familiari del Venerabile Servo di Dio vennero uccisi.
Terminata la guerra, si occupò delle centinaia di ragazze armene rimaste orfane in conseguenza del genocidio e, nel 1920, a Trebisonda, mise a disposizione dei greci della regione del Ponto, che erano stati espulsi dalla loro terra, la chiesa e il convento. Questo fatto fu causa della sua espulsione da Trebisonda il 7 marzo 1923 e dell’arresto al suo arrivo ad Istanbul. Dopo essere stato sottoposto per tre giorni a torture, fu condannato a morte con una falsa accusa, ma, all’ultimo momento, fu liberato ed espulso dalla Turchia.
Si diresse in Grecia, dove gli fu chiesto di rimanere per occuparsi delle migliaia di profughi armeni. Si impegnò in questa missione con ammirevole dedizione; costruì chiese e scuole e cercò di rintracciare le famiglie armene anche nelle località più remote per portare loro aiuto.
Dal 1923 al 1938 rimase in Grecia, prima come missionario e assistente degli armeni a Corfù, poi, dal 21 dicembre 1925, come Superiore delle missioni per tutti gli armeni cattolici residenti in Grecia, svolgendo una proficua attività apostolica. Invitò ad Atene i confratelli cappuccini di Palermo, nella cui Provincia religiosa egli era stato aggregato. Il 21 novembre 1938 fu nominato vicario patriarcale dell’Alta Gezira, in Siria e, l’8 giugno 1940, fu eletto Vescovo titolare di Acilisene, ricevendo il 27 ottobre successivo l’ordinazione episcopale a Beirut. La sua attività cominciò però a disturbare il governo greco, che decise di sorvegliarlo e di impedirgli di svolgere il suo apostolato, sino a negargli il visto di ingresso e di permanenza in Grecia.
Privo di ogni risorsa e contando solo sull’aiuto di benefattori, svolse in Siria una intensa azione pastorale e assistenziale, costruendo scuole, chiese e case per i sacerdoti e impartendo lezioni private a numerosi studenti.
A causa di difficoltà di salute, presumibilmente connesse alle torture ricevute, il 12 giugno 1953 presentò le sue dimissioni dalla sede vescovile dell’Alta Gezira. Si stabilì quindi a Roma, ove continuò le sue attività caritative e apostoliche a favore degli armeni. Nello stesso anno, fu incaricato dalla Congregazione per le Chiese Orientali di effettuare una visita apostolica agli armeni residenti in America Latina. Tornato a Roma, ebbe la possibilità di prendere parte personalmente al Concilio Ecumenico Vaticano II.
Trascorse gli ultimi anni di vita nel convento romano “San Fedele”, dove morì il 20 settembre 1972.

Il Venerabile Servo di Dio ebbe una personalità poliedrica, caratterizzata da umorismo, umiltà, spirito di servizio e profondo senso di giustizia. Sin da piccolo nutrì un vivo affetto per l’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, che tracciò in maniera concreta il suo percorso di maturazione dalla giovinezza all’età adulta, plasmandone il carisma e la spiritualità cristocentrica. La sua vita fu una continua preghiera di ringraziamento a Dio per la vocazione. Visse con spirito di fortezza e di speranza cristiana sia gli anni bui del genocidio armeno, ed in particolare lo sterminio della sua famiglia, sia le tremende torture e la condanna a morte, poi commutata in esilio perpetuo. Non si perse d’animo ma, giunto in Grecia, si prese cura di migliaia di profughi sfuggiti al genocidio e riscattò dai turchi molte ragazze armene. Mostrò grande carità verso il suo popolo e i confratelli, che servì amorevolmente. Anche verso i persecutori fu compassionevole e mai manifestò nei loro confronti sentimenti di rancore. Quando fu nominato Vescovo, continuò a distinguersi per la semplicità dei modi e lo stile di vita austero.
La fama di santità, già presente in vita, è continuata dopo la morte, unita ad una certa fama signorum.

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